Pierfrancesco Diliberto (Pif) “Io, ex Iena malato di timidezza”
“La mia battaglia per dare voce a chi non ce l’ha”
“Ho difeso i disabili, spero di non doverlo fare più”
SILVIA FUMAROLA
CONTINUA A RIPETERE che soffre «di una timidezza patologica ». Ma se ripensi al passato da Iena (quando mollava lì l’intervistato di turno per correre da un personaggio più famoso), sembra difficile credergli. «Facendo quelle cose soffrivo, i servizi migliori riuscivano se non ero vestito da Iena: ancora oggi non farei tante cose. Mi spingono e mi butto». Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, da Palermo, classe 1972, è fatto così. Giacca smilza, occhi chiari malinconici che contrastano col sorriso, ha l’aria da ragazzo d’altri tempi.
Col primo film La mafia uccide solo d’estate,diventato serie tv, ha fatto commuovere e sorridere persino un magistrato che in Sicilia la mafia la combatteva, il presidente del Senato Pietro Grasso. Promosso anche con In guerra per amore, in tv è tornato alle origini. Videocamerina alla mano, con Il testimone – nato su Mtv e ora approdato il venerdì su Tv8 – esplora la realtà a modo suo, facendo interviste incollato ai protagonisti, un corpo a corpo. «Provo a restituire la verità. Mio padre era regista e produttore, ho debuttato con lui in una tv privata ma non mi ha spinto a fare questo lavoro. Tutti pensano che sia donne e champagne, ma è un lavoro precario».
Testa sulle spalle, legato alle radici, («Palermo capitale della cultura mi riempie di orgoglio»), passionale, è stato protagonista di una protesta clamorosa nella sede Regione Sicilia al fianco dei disabili: «Da una parte sono molto contento di averlo fatto perché riuscire a dare voce a chi a volte materialmente non ce l’ha ti rende felice », spiega «dall’altra no perché non mi diverte per niente andare dentro un’istituzione… Credo sia una sorta di fallimento, anche mio. Quel giorno è stato fallimentare, tranne che per i disabili, per tutti, spero di non rifarlo più. Non voglio neanche essere populista nel senso che un politico può anche sbagliare, bisogna concedergli il beneficio dell’errore, perché fare il presidente della regione in Italia e soprattutto in Sicilia è difficilissimo. Ma quell’errore esisteva da tempo e non è mai stato affrontato come una priorità. Ci sono 3600 disabili in Sicilia che non hanno assistenza, due non hanno neanche i genitori, solo un amico che li aiuta. Questo è inaccettabile». Pif il barricadero che ripensa al Pierfrancesco bambino, sorride: «Ero un riccio. Papà portava a scuola me e mia sorella: prima lasciava lei che faceva casino, nel tratto con me, in auto piombava il silenzio», confessa. «Le ragazze? Le fissavo. E basta. Tra l’altro a scuola andavo malissimo, ho ripetuto il terzo anno. Mai pensato di iscrivermi all’università. Lo sa che i miei amici di Palermo ad Architettura pagavano la tassa del riscaldamento e non c’erano i termosifoni?».
L’adolescente raggomitolato su stesso, in cuor suo immaginava un futuro: «Sapevo che ce l’avrei fatta ma non facevo nulla per farcela. A un certo punto sono andato a Londra, qualunque cosa fai all’estero sei più figo, così mi sono iscritto a tre corsi che non sono serviti. Ho finito col fare l’assistente di Franco Zeffirelli per Un tè con Mussolini… In realtà facevo il dog sitter». Spinto dagli amici, lavora sul set del film di Marco Tullio Giordana, I cento passi.«Nella mia vita è una costante, gli altri hanno sempre visto in me cose che non vedevo », dice come se parlasse di un altro «e devo ringraziarli». Con Davide Parenti e il produttore Mario Gianani, trova la sua strada. «Come iena non ero a mio agio» ricorda Diliberto. «Conobbi Parenti a un corso per autori televisivi, in redazione non fiatavo, scrivevo per gli altri. Però facendo impari e mi sono messo alla prova con Il testimone…Nessun colpo di genio, ho iniziato a fare tutto da solo per pigrizia, se ogni volta devi spiegare al cameraman cosa vuoi è complicato. Filmo e monto». Arriva il successo: tv, pubblicità, cinema (è la voce del film La marcia dei pinguini- Il richiamo) ma scuote il capo: «Sono troppo pigro anche per montarmi la testa. E mi dispiace se qualcuno pensa che sia snob. Una volta tornavo da Londra, in aeroporto un tassista mi fa segno di salire, ma a Palermo mi piace prendere la navetta e mettermi seduto lato mare. È il mio rito di avvicinamento alla città», dice Pif «non sono cambiato. Ho le mie priorità, con i soldi ho comprato casa ai miei genitori. Ero il classico mammone, persino mia madre era preoccupata: questo non si staccherà mai». Si è staccato? Ride. «Mamma aveva fiducia in me, era ansiosa perché da piccolo non parlavo. Ora ho recuperato».