La cultura ai tempi dell’iphone

 

La copertina

Il sapere ai tempi di tablet e iPhone Cultura prêt-à-porter

MAURIZIO FERRARIS MARIAPIA VELADIANO

Lo scrittore inglese Sebastian Faulks ha recentemente sostenuto che le nuove generazioni saranno le prime in cui i figli saranno meno colti dei loro genitori: «I ragazzi che oggi hanno vent’anni e più costituiranno la prima generazione in Europa occidentale a soffrire di una perdita di sapere e conoscenza a causa della tecnologia. I nostri figli, difatti, sanno meno cose rispetto ai loro genitori». Uno potrebbe obiettare, come il presidente Clinton a proposito del sesso: «Dipende da cosa si intende con “sapere”». C’è un senso, tutt’altro che trascurabile, in cui l’asserzione di Faulks è letteralmente falsa. Nelle generazioni digitali non ci sono analfabeti di ritorno, in quella dei loro genitori, sì. Nelle generazioni digitali anche chi non ha a portata di mano una biblioteca può avere accesso alla cultura, in quella dei loro genitori, no. Nelle generazioni digitali è difficile che uno scriva Scespir se intende Shakespeare, in quella dei loro genitori (per non parlare dei loro nonni e bisnonni, in gran parte analfabeti) no.

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Il senso del cantare

Se l’anima scala la hit parade
VINICIO CAPOSSELA
Si canta per farsi coraggio, e il coraggio ha a che fare con la fede. L’esperienza del dolore, il lamento, l’esperienza della gioia… La canzone, come la religione, si occupa dell’uomo, di tutte le sue facce. Si occupa dell’intero spettro di questa esperienza vasta e contraddittoria, unitaria e frammentaria che è la vita. Citando il Qohelet o Ecclesiaste “c’è un tempo per ogni cosa sotto il sole”, così la musica, la canzone, si accende di una grande varietà di stati d’animo e spesso si occupa di ciò che trascende la vita, pure quando questa è fatta di materia, di sforzo e di sudore.

 

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