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Il sapere ai tempi di tablet e iPhone Cultura prêt-à-porter
MAURIZIO FERRARIS MARIAPIA VELADIANO
Lo scrittore inglese Sebastian Faulks ha recentemente sostenuto che le nuove generazioni saranno le prime in cui i figli saranno meno colti dei loro genitori: «I ragazzi che oggi hanno vent’anni e più costituiranno la prima generazione in Europa occidentale a soffrire di una perdita di sapere e conoscenza a causa della tecnologia. I nostri figli, difatti, sanno meno cose rispetto ai loro genitori». Uno potrebbe obiettare, come il presidente Clinton a proposito del sesso: «Dipende da cosa si intende con “sapere”». C’è un senso, tutt’altro che trascurabile, in cui l’asserzione di Faulks è letteralmente falsa. Nelle generazioni digitali non ci sono analfabeti di ritorno, in quella dei loro genitori, sì. Nelle generazioni digitali anche chi non ha a portata di mano una biblioteca può avere accesso alla cultura, in quella dei loro genitori, no. Nelle generazioni digitali è difficile che uno scriva Scespir se intende Shakespeare, in quella dei loro genitori (per non parlare dei loro nonni e bisnonni, in gran parte analfabeti) no.