Sono ormai abituato da qualche anno a questa parte a lasciarmi coinvolgere dalla rappresentazione del presepe per trovare spunti spirituali per il Natale. In particolare è la statuina che ogni anno faccio realizzare dallo scultore di Ortisei a dare il la alla tematica omiletica. Ricordo ad esempio nel 2011 la statuina dell’agnellino di fronte alla grotta o nel 2012 la stella dei Magi che mi hanno mosso a sviluppare insieme ai bambini un vero e proprio cammino di catechesi multimediale. Quest’anno invece la statuina non è arrivata. Sapevamo dei lavori in corso e avevo già preso in considerazione la possibilità, per fortuna abortita, di non poter aprire neppure il presepe; così non ho ordinato nessuna statua e il presepe è rimasto il medesimo dello scorso anno.
A questo punto non potendo mettere in moto nessuna nuova operazione catechetica mi sono accontentato di riguardare il presepe così come è. E paradossalmente ho scoperto l’azione più bella da farsi: il contemplare. L’altro giorno seguendo lo spettacolo sui 10 comandamenti, Benigni mi ha aiutato a riconsiderare l’aspetto della gratuità nel lavoro. Ha associato il santificare le feste, non scontatamente all’andare a messa, ma alla componente contemplativa. Ha fatto questo esempio simpatico: se io costruisco un tavolo ci metto 8 ore di lavoro di cui 2 sono il guardare il lavoro che ho fatto. È meravigliosamente vera questa cosa. Oggi il peccato più grosso è dimenticare nel lavoro la componente contemplativa. Facciamo facciamo facciamo e non contempliamo mai quello che abbiamo fatto! Dio invece ha messo un giorno della settimana nell’atto creativo per fermarsi e dire a se stesso: che bella cosa che ho fatto!
Così quest’anno sono stato costretto fortunatamente a fermarmi di fronte al presepe senza l’ansia da prestazione e come in un anno giubilare ho semplicemente osservato il lavoro di anni.
Quanto è importante contemplare.
Ma in fondo non è questo il Natale? Ormai il 25 Dicembre è rimasto l’unico giorno dell’anno in cui tutti ci fermiamo. Non escono i giornali, son chiusi i negozi e perfino le Befane. Riposano le scuole, la politica è perfino la serie A. Così il Natale che ci riporta alle cose di casa, alle relazioni di amicizia e se volete allo sguardo di fede. Troviamo il modo e il tempo per confessarci, anche se qs anno, ahimè, abbiamo notato un certo calo di penitenti.
Allora fermiamoci e contempliamo. Mettiamo in atto ciò che ci spetta non per diritto, ma per dovere. Se il III comandamento è un dovere allora lo è anche il riposarsi. Lasciamoci andare al riposo della gratuità, dello stare senza fare, del gustare senza per forza stuzzicare.
Prendiamo in seria considerazione il riposo, altrimenti ci ammaleremo tutti. Non perché il fare sia causa di malattia, ma perché il fare senza fermarci ci consegna ad un inevitabile non senso della vita. Ed è il non senso che ci ammala. Il fermarsi invece ci fa ritrovare, ci fa gustare il silenzio che è fonte di guarigione e ci provoca di nuovo la meraviglia. Lavorare senza meravigliarsi a che pro? A me piace molto il nostro presepe perché non mi stanco mai di guardarlo. Le statuine sono ferme, ma parlano. Faccio fatica invece con quei presepi in movimento. Con tutto il rispetto per chi li realizza, ma vedere le statuine che si muovono tutte e nei modi più strambi mi mette un non so che di ansia. Invece il presepe deve richiamarci alla contemplazione, come il Natale.
Fermiamoci dunque in questo giorno a contemplare il secondo riposo di Dio dato che nella teologia l’incarnazione rappresenta la nuova creazione. Per questo viene narrato con il linguaggio della fiaba: gli angeli, la notte, la luce, i pastori, il Bambino. Così come la Creazione dell’universo è raccontata con il linguaggio del simbolo e non della scienza, così la nuova Creazione, l’Incarnazione, è raccontata col linguaggio della fiaba. Faremo a tempo a destarci, già domani 26 Dicembre, quando la Liturgia ci parlerà della sofferenza e del martirio di santo Stefano, ma oggi 25 Dicembre e non 24 o 26, oggi è Natale, giorno di riposo, di contemplazione di recupero del senso della vita. Oggi 25 è giorno di pace. In questo giorno durante la grande guerra dicono che sul fronte dolomitico i soldati austriaci e italiani hanno fatto un patto di non belligeranza e sono usciti dalle loro trincee brindando insieme. E quante volte in terra santa hanno stoppato il conflitto in questo giorno. Quanto abbiamo bisogno del Natale!
Grazie allora a tutti quelli che in questo giorno si fermeranno per contemplare la propria vita, per rigustare le cose di casa, per rimirare quanto è bella la moglie e quanto meravigliosi sono i figli; per gustare il sorriso del tuo bambino mentre giochi alla play station con lui che tanto ha aspettato questo momento. Grazie a chi permette di godere questi momenti di pace, alle donne che si appassionano dei fornelli per farci assaporare il cibo di un tempo, agli operatori di pace che vigilano su di noi in questo giorno facendoci lamento per qualche ora vivere un giorno in serenità. E grazie a chi si prende cura in questo giorno di chi è solo, della nonna rimasta vedova da qualche tempo e del povero che cerca anche lui un sollievo spirituale e materiale. E grazie agli operatori sanitari che vivono il Natale per garantire il necessario per custodire la salute precaria di tanti ammalati e se volete un grazie anche a tanti preti che hanno fatto di tutto in questi giorni e in questo giorno di Natale per sollevare lo spirito di tanti che trovano ancora oggi consolazione nei sacramenti di Gesù.